La scia dell'essere
Giugno 20, 2020In Cronache marzianeBy Indisciplinata

La scia dell’essere

Corro. Saltello. Cado. Sprofondo. Emergo. Riprendo a correre. Tutto questo affanno e mi sembra sempre di star ferma. Poi accade che la vita ti offre consiglio. Ti chiede silenzio. Immobilità. Stallo. Ti senti costretta, in gabbia, vorresti riprendere, tornare a fare tutto, subito. Ti arrabbi, ti disperi, ma la vita basta, è irremovibile. Non ti ascolta. O meglio, lei ti ascolta da sempre. Sei tu ad essere sorda. E in questi inciampi improvvisi, superato lo sconforto, comincia quello strano dissolversi del tempo, quel prezioso nulla, quel lasciar andare ogni controllo, ogni organizzazione, ogni programma. E ti accorgi che è così che vorresti vivere sempre.

Correre ha un suo fascino, può avere il senso del brivido e della contentezza, traduce l’urgenza, il bisogno di mangiare il tempo. Ma in queste nostre vite contemporanee, la corsa quasi mai è una scelta. È una quotidiana fuga da sé stessi verso mete imposte da un sistema capitalista, dagli stereotipi culturali e sociali, dalle nostre proiezioni, dalle aspettative.

Nella mia terrazza vivono molte lumache. Lascio che si nutrano delle piante. I loro viaggi: lunghi, interminabili centimetri. Piccole nomadi in camper.

L’incredibile potenza della lentezza. Ogni millimetro conquistato è un mondo di dettagli e minuscoli universi. Quella lentezza che tutto osserva, tutto accoglie. Quella lentezza che porta il peso del proprio essere fragili. Quella lentezza alla quale è impossibile mentire, quella lentezza che lascia traccia, la scia dell’essere.

Provo a rallentare. A tirar fuori le antenne, a captare il vento, l’energia del mondo. Provo a rallentare. A fare della mia casa uno spazio nel quale bastare a me stessa. Provo. E, quando riesco, tutto si risolve. Quando riesco non ci sono più domande, non hanno senso le risposte.

Poi tutto ricomincia forsennato. E mi ritrovo bipede ansimante, nevrotica, distratta. Mi volto verso quella piccola chiocciola abbandonata.

 Guardo altrove. E vedo me.

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