Febbraio 14, 2020In IndisciplinataBy Indisciplinata

Festeggiamo il battito delle nostre pance.

Eccoci, care indisciplinate. Che siate fidanzate, accompagnate, sposate, corteggiate, che siate solitarie, felicemente libere e indipendenti o malinconiche e desiderose di un appassionato amore, ci siamo. Anche quest’anno è arrivato il 14 febbraio. La giornata dei baci perugina, la giornata tutta cuori e peluches, tutta candele e cene fuori, bigliettini, fiori, quella giornata che attira gli sberleffi delle ciniche “zitelle” , delle single convinte o che rattrista le anime smanianti di affetto e romanticismo.

Ecco, a me, questa giornata qui, (come la maggior parte delle cosiddette giornate mondiali che rendono tutti  più buoni e che tra un può comprenderanno la giornata mondiale della colite, la giornata mondiale della cacca profumata, la giornata mondiale della ceretta a caldo, del brufolo purulento, della cellulite biologica…), dicevo, a me questa giornata mi divide in due da sempre.

Ho uno spontaneo attrito nella regione epigastrico duodenale, uno spasmo viscerale, una risata interiore che mi porta a diffidare, a ridicolizzare, a innervosirmi. No dico, non ci bastano i fasti capitalistici del 25 dicembre, i ghirigori di auguri e di affetto patinato, i fiumi di soldi spesi a Natale? Anche l’indicibile, l’incontenibile, il non catalogabile amore dobbiamo addobbare come un prodotto confezionato dall’industria? Anche i nostri cuori e i nostri sentimenti li assoldiamo tra i clienti, tra i consumatori che il mercato schiavizza?

Da donna, e ancor di più da indisciplinata, trovo svalutante questa ricorrenza.

Si, perché, il buon mondo capitalista a noi donne ci porta su un piatto d’argento. Il grande progresso che ci ha “aiutate” a rendere la vita più facile in casa donandoci elettrodomestici efficientissimi ( meravigliosi per carità), la moda che ci ha “supportato” nella nostra liberazione dalla censura patriarcale e tutto il grande circo affaristico ci ha rese grandi protagoniste. Protagoniste dei loro guadagni. Siamo il principale soggetto consumatore. Siamo le addicted dello shopping, siamo le “bisognose”, le ossessive paladine di giovinezza, bellezza, maternità, perfezione.

O meglio, ci inducono a credere che se non siamo così siamo meno donne. La maggioranza dei prodotti del mercato è per noi. Make up di ogni tipo, colore e soluzione. Creme, cremine, cremette. Unghie, gioielli, acconciature. Mobili, decorazioni, accessori per la casa. Macchine per noi, elettrodomestici per noi, donne forti, donne belle, donne in carriera, donne madri, donne, donne, è arrivato l’arrotino!

Ebbene, poteva il mercato dimenticarsi dell’amore? Giammai! E così, un antico vescovo cristiano, morto decapitato e connesso ad una leggenda nella quale si racconta che due amanti vennero benedetti e salvati da lui, si ritrova ad essere un patinato testimonial della festa degli innamorati.

Ma questa festa è per gli innamorati o per noi? Per noi donne che da sempre “sogniamo” l’amor cortese, che vorremmo, a dispetto di tanta “parità” raggiunta e di tante lotte femministe, avere accanto un compagno (o una compagna ovviamente) che celebri il sentimento attraverso gesta romantiche e virtuose, con doni e riti reciproci che suggellano e omaggiano l’immensità dell’amore e che ci riportano indietro nel tempo alle dame e ai cavalieri. Una festa per noi donne ma attenzione, anche per tutti gli uomini che mai oserebbero affrontare l’ira e la delusione delle compagne e che, nonostante la grande rottura di coglioni di trovare un regalo che le possa piacere, hanno in fondo l’occasione di rappresentare con una manciata di euro e in un solo giorno il ruolo di compagni meravigliosi, di principi azzurri, di romantici paladini e di godersi per un po’ di tempo gli effetti imbonitori di questa gloriosa missione. Perché, diciamoci la verità, nonostante la festa sia per entrambi gli innamorati, nel caso delle coppie etero e forse non solo, la maggioranza di noi donne, pur facendo finta di non tenerci, sotto sotto si offende se non riceve un piccolo pensiero, mentre se dovesse accadere all’uomo di non ricevere nulla in realtà gli scivola addosso (e non accade, perché noi donne “spendiamo”, noi donne ci ricordiamo eccome di fare a lui un pensierino, noi nutriamo il sogno dell’amore perfetto!).

Bene, fin qui, ha parlato la mia anima indisciplinata. Ma siccome non voglio prendere in giro nessuno, né voi, né me, non posso che dar voce anche all’altra metà della mia mela.

Dire che l’amore dovrebbe essere festeggiato sempre e non in un solo giorno gestito dalla grande industria, dire che gli omaggi non hanno valore quando sono programmati, che le gesta plateali sono la personale celebrazione di chi le compie, che la nostra vita privata non dovrebbe essere imboccata, manipolata dal sistema, è tutto molto vero. Ma anche un po’ scontato e disfattista oso dire a me stessa. Perché la cosa che mi sembra più vera di tutte è il modo in cui si fanno le cose. E quindi alla mia anima più ribelle e strafottente dico: tu festeggia e omaggia quando vuoi, hai ragione, non ti far fregare dal mercato. Eppure se, in questa vita così frenetica, un appuntamento all’anno ci ricorda di guardare negli occhi chi amiamo, di aver un momento da dedicare all’incontro tra le nostre essenze, ben vengano anche i doni, i fiori, una cena fuori. Quello che ci auguro, care indisciplinate, è che tutte noi possiamo cavalcarlo il nostro amore e non farci portare in carrozza. Che restiamo creative e in ascolto. Che smettiamo di accettare o di fare solo comodi regali se durante tutto l’anno non riceviamo o non diamo rispetto e affetto. Se ci piacciono i riti, se questa giornata in cui tutto il mondo occidentale si riempie cuori, che sia un’occasione in più per riconoscere il nostro battito, sentire cosa dicono le nostre pance e capire davvero chi abbiamo accanto, di festeggiare una relazione se davvero merita, di non festeggiare il sogno, di festeggiare la realtà. E che sia anche una possibilità di prendere coraggio. Una festa del coraggio, per portare avanti una storia ma anche per salutarla. Ché celebrare l’amore a volte può significare anche chiudere con tutto ciò che ci fa star bene soltanto un giorno all’anno. Quindi, mie care spettinate, oggi festeggiamo ciò che davvero il nostro corpo sente, oggi festeggiamo il battito delle nostre pance.