Solitudine è conoscenza: la Papessa.
Dicembre 6, 2020In IndisciplinataBy Indisciplinata

Solitudine è conoscenza: la Papessa

In questa domenica dicembrina di pioggia vien proprio voglia di una bella tisana, di un pezzettino di cioccolata fondente o qualche noce. Qui a Roma diluvia da 24 ore. Mi piace. Esco con la canetta, mi infilo tutto ciò che ho di impermeabile, calosce e via a camminare nel bosco sotto casa, tra ruscelli di fango e erba bagnata.

Sono questi i momenti in cui trovo bellissimo stare da sola, o meglio, senza compagnia umana, ché gli animali sono una magia.

Oggi inizierò ad esplorare con voi alcune “energie” dei tarocchi di Marsiglia. Sì, ho scritto tarocchi. None non predico il futuro. E sì, mi piacciono, li amo, gioco con loro e loro giocano con l’universo. Se non credete va benissimo, non c’è bisogno di fede. Basta solo un poco di ascolto e di osservazione.

Mi limiterò a entrare nel mondo degli arcani maggiori, antichissime icone archetipiche, e a indagare con voi, con la mia umilissima e certamente incompleta esperienza di tarologia, le figure femminili. Per chiarezza, nei tarocchi, il femminile e il maschile sono energie (come in numerose culture/religioni), proprie di ogni essere umano, oltre a rappresentare e/o suggerire anche persone facenti parte della vita del consultante.

Oggi, in queste ore così intime, di mura calde e tazze fumanti, è tempo di attesa, di studio, di introspezione e pazienza. È tempo di solitudine.

In questi ultimi anni, ho incontrato tante donne single, divorziate, mai sposate, lasciate o che hanno mollato, e che, dopo una serie di batoste o semplicemente di esperienze, hanno intrapreso un percorso di evoluzione personale a tu per tu con loro stesse. Anche io sono una di loro. Se ci avessi pensato da ragazza non avrei mai creduto che sarei stata in grado di non avere un compagno per tanto tempo, eppure, i miei ultimi dieci anni sono stati rappresentati dall’assenza di una relazione stabile. Periodi di sesso felici, liberi ed esplorativi, fasi di frequentazioni multiple, alcune piccole cotte di cui una non era nemmeno un calesse, al massimo una cariola, altre fasi di totale solitudine sentimentale. Ebbene, insieme a molte amiche ci chiediamo spesso quando e se arriverà un nuovo amore. Quando e se potremo nuovamente esplorare il confronto con i sentimenti, con una relazione stabile, con un uomo o con un’altra donna per le amiche omosessuali. Ci lamentiamo, ci assale l’impazienza, la rabbia, lo sconforto, ci rendiamo conto che siamo tutte in grande crescita personale, siamo più mature e più consapevoli di ciò che vogliamo e di ciò che non vogliamo, siamo più selettive, più sicure di noi stesse e per quanto riguarda le eterosessuali, da una certa età in poi, è difficile incontrare uomini non impegnati, sono davvero pochi quelli che restano in solitudine dopo aver chiuso una storia d’amore. Insomma, giù a piagnucolarci addosso, a chiederci come è possibile che non ci innamoriamo da così tanto tempo e via a morire di nostalgia, a innaffiare i pigiami di lacrime davanti a filmetti sentimental-melodrammatici, peggio ancora se a il lieto fine. Poi qualcuna fa qualche battuta bene assestata e giù tutte a ridere, a sganasciarci di risate, a fare l’elenco dei disastri sentimentali, della noia di relazioni passate e basta tristezza, basta lamenti, ma su, chi se ne frega, siamo libere, libere, libere!

Sì perché per me, ad esempio, questi dieci anni, accanto all’umanissimo desiderio di amare ed essere amata, sono stati fondamentali per l’esercizio della mia libertà. Libertà fatta anche di vuoto, di attesa, di autocritica, di osservazione, di stasi, di movimento interiore, di responsabilità, di sperimentazione, di rischio, di gestione del famelico bisogno di amore, di risoluzione solitaria dei problemi. Ho potuto praticare l’amicizia in modo assai più approfondito. Continuo a farlo, con sconfitte e successi. Ho fatto pratica di autostima, allenamento di amor proprio, ho pian piano ucciso l’ideale del salvatore, del principe azzurro, dell’uomochenondevechiederemai e parallelamente ho iniziato a smantellare la crocerossina, la madre, l’assistente sociale che è in me. Il processo di cambiamento interiore è ancora in atto, amare sanamente sé stesse è il lavoro di tutta una vita, ma certamente dopo dieci anni sono molto più centrata. Credo di più in me stessa. Gestisco abbastanza gli istinti e le paure, pur rimanendo una persona profondamente empatica, un’anticchia nevrotica,  generatrice di ansia e menefreghismo a week – end alterni.

Ma adesso soprattutto una cosa mi è chiara: l’estrema, enorme differenza tra: ho bisogno di te perché ti amo e ti amo perché ho bisogno di te.

Sembra una sciocchezza ma non lo è. In qualsiasi relazione, di amicizia o sentimentale, quello che desidero praticare e accogliere oggi è il primo approccio. Nonostante il secondo sia praticamente all’ordine del giorno. Personalmente non voglio più, visto che ovviamente ho già dato in tal senso, essere amata da chi ha bisogno di compagnia, di sostegno, di delegare, di appoggiarsi, di succhiare energie o di qualsiasi altra cosa, né di contro, voglio amare perché mi sento sola, o bisognosa che qualcun altro risolva e riempa la mia vita.

Accanto alle amiche single come me, ne ho tante che sono in coppia. Moltissime, troppe, sono completamente sfiancate da rapporti che succhiano e fagocitano la loro essenza. Certo, hanno tutta una serie di condivisioni che da sole non si attuano, ma da fuori è evidente quanto male sopportino, quanto siano affaticate e ingabbiate, eppure per molteplici paure, per numerosi bisogni, non fanno il passo verso il cambiamento. Perché il dolore e la stanchezza di una coppia sono triplici. Ci sono il dolore, la frustrazione e la stanchezza di due individui sommati al dolore della terza entità che è la coppia stessa, con le sue aspettative, le sue proiezioni, l’immaginario da non deludere.

E parlo di relazioni socialmente funzionali. Senza violenza psicologica e fisica (anche se mi chiedo: non è violenza verso noi stesse/i mantenere legami sicuri ma che seppelliscono la nostra natura più intima?).

Poi ogni tanto osservo coppie davvero interessanti, coppie che mantengono ben salda l’individualità reciproca, che evitano la simbiosi pur sostenendosi a vicenda e che cercano di restare libere all’interno della relazione, coppie che hanno piacere di condividere e gioiscono dei successi e dell’indipendenza del proprio partner. Vedo stima reciproca, amore non possessivo. Ovviamente litigano, ovviamente passano crisi e montagne russe e ovviamente possono arrivare anche a lasciarsi. Perché lasciarsi a volte è davvero il miglior modo per omaggiare l’amore che si è vissuto. Ahimè, queste coppie sono rare, ed è un grande peccato, ma l’evoluzione personale, l’apertura mentale, la pratica della libertà reciproca, è davvero la risultante di molto molto molto lavoro su sé stess*.

Dieci anni dunque. Di spiacevole solitudine. Di meravigliosa solitudine. Di pianti e di risate.

E qui torno a noi, amiche spettinate. Torno ai miei amati tarocchi. E vi presento LA PAPESSA, lamina numero due, prima immagine femminile che incontriamo tra i XXI arcani maggiori. Due, numero, femminile, pari, che si contrappone all’uno, maschile, dispari.

La Papessa è una figura potente, calma, tiene un libro in mano, un libro spirituale. È colta, ossia, studia e approfondisce la conoscenza di sé stessa e del mondo, la conoscenza segreta e la dualità tra l’universo materiale e l’universo spirituale. Ha tutti gli strumenti per gestire la sua vita e guidare anche la vita altrui. Può essere molto severa, rigorosa, ma anche profondamente saggia e pura.

È conosciuta anche come La SacerdotessaLa Sacerdotessa di Iside, La sposa divinaGiunone, La Madonna.

 La Papessa è seduta su un trono, sotto al quale è tenuto al caldo un uovo. (Negli arcani di Marsiglia restaurati è visibile, in altre versioni degli stessi si è perduto, i miei ad esempio non appare l’uovo, ma so che lì sotto c’è).

La Papessa sta dunque covando.

La cova rappresenta la nascita e la ri-nascita. La gestazione, il tempo necessario perché avvenga una schiusa. Il tempo anche della solitudine, della preparazione e della pazienza.

Trovo questo arcano necessario per il percorso di ogni persona e, ancora di più, di ognuna di noi. Siamo state e siamo ancora costantemente influenzate da una cultura che vede una donna sempre accanto a qualcuno, soprattutto un marito, un compagno, un padre, un figlio. Siamo state isolate per secoli e secoli e nel presente siamo ancora soggette a molteplici forme di isolamento magari meno cruente ma molto dolorose, comunque invalidanti, meno evidenti e più subdole rispetto al passato. Ma questo non è l’isolamento della Papessa. Questo terribile isolamento ci ha sempre allontanate da noi stesse, dallo studio di chi siamo, dalla consapevolezza dei nostri strumenti, delle nostre qualità, della nostra capacità di creare (non solo biologicamente, ma anche spiritualmente e materialmente), di essere guida, di sapere approfondire. Ogni qual volta il nostro potere di sacerdotesse è emerso chiaramente, siamo state schiacciate con tutti i mezzi possibili, dalla violenza fisica a quella psicologica/sociale.

La solitudine della Papessa è la gestazione di se stessa, è una scelta, è l’assimilazione della propria capacità di gestire la vita, di esser da sole nella bellezza dell’introspezione e della conoscenza, è un percorso di centratura che vede ognuna di noi sedersi sul trono della propria esistenza. Il libro in mano è aperto, ma la Papessa non lo sta leggendo, o meglio non più. Ha già la conoscenza, e questo le dà modo di tenere alta la testa, lo sguardo fiero verso il futuro, ma offre al mondo il suo sapere, lasciando la pagine aperte alla lettura di tutt*.

Su questa figura ci sono infinite altre questioni da approfondire, ma ci vuole tempo, non si può conoscere tutto assieme. Lo studio è lento, ci insegna La Papessa. Pian piano, vi riporterò il mio percorso di esplorazione attorno a questa figura fondamentale.

La Papessa certo ha le sue zone d’ombra, come ogni arcano, come ogni energia, come ogni luce. Può toccare picchi di severità verginea, può essere intransigente proprio perché molto profonda e spirituale, a volte rigida. Ma sta a noi intanto connetterci alla sua saggezza e sederci con lei sul quel trono. Sta a noi servirci anche della durezza ogni tanto o della sapienza intimista. Sta a noi saper aspettare che arrivi l’occasione, sta a noi osservare il mondo con occhi consapevoli e cogliere l’energia che può farla definitivamente partorire, che può trasformare la sua spiritualità in carnalità.

Se guardiamo oltre il numero due infatti, abbiamo l’arcano successivo, che non esisterebbe senza la Papessa, ossia la lamina numero tre, L’IMPERATRICE: una figura mondana, potente, centrata, erotica, dominante ma anche molto dolce e passionale, calda e accogliente nel suo intimo.

Ci tengo a dire che ogni riferimento all’iconografia cattolica nei tarocchi non deve spaventare. La spiritualità e il sacro in questi antichissimi strumenti di aiuto, sono assolutamente trasversali. Il Dio dei tarocchi è il dio o la dea di ogni cultura. Ha tutti i nomi. È energia creatrice. Essenza alla radice di qualsiasi manifestazione vivente. Sacro e profano insieme. Figuratevi se avrei potuto amare così tanto queste carte. Sono aperta a molteplici culture, sono curiosa, leggo testi sacri quando ho tempo perché mi aiutano a comprendere la storia politica e spirituale umana, eppure sono laica, ossia non sposo nessuna visione religiosa né alcun approccio culturale in modo totalizzante, cerco per quanto posso di accogliere ciò che mi sembra nutrire una visione naturale, misteriosa e ancestrale delle cose, a prescindere dalla provenienza.

La storia dei Tarocchi si perde nella notte dei tempi, ci sono numerosissimi saggi, molteplici visioni, alcune più accreditate altre meno e diverse lotte per accaparrarsi la maternità di queste immagini antichissime. Di base la loro nascita non è certa.

Personalmente amo molto l’approccio allo studio e alla lettura dei tarocchi che ci offre Alejandro Jodorowsky, il quale non parla di cartomanzia e di predizione del futuro, non legge le lamine se escono al contrario, ma le interpreta solo al diritto. Per lui i tarocchi sono strumenti di terapia, di aiuto, sono una forma di analisi del presente.

Vi riporto di seguito un estratto de La via dei tarocchi, splendido volume di Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa che ho praticamente imparato a memoria e vi saluto così, oggi, in questo pomeriggio umido e silenzioso. 

Auguro a tutte noi di indossare, almeno una volta nella vita, l’abito della sacerdotessa.

*****

Se la Papessa parlasse:

Ho stretto un’alleanza con il mistero che chiamo Dio. Da questo momento, nel mondo materiale vedo soltanto la sua manifestazione. Quando osservo le sue carni, o il legno, o la pietra, scopro in esse la presenza del Creatore. Ogni sfumatura, ogni tessuto, ogni variazione della realtà è una delle Sue forme che si manifesta nella Sua infinita varietà. Vivo nel mondo dell’Energia divina. Palpito con tutta la materia. Sotto ai miei piedi, l’intero pianeta sussulta: anch’esso è una Sua manifestazione, soltanto più vasta. Sto vibrando al ritmo dell’Universo, insieme al Fuoco, agli Oceani, alle Tempeste, alle Stelle… l’energia di tutto il creato viene da me.
Eppure sono una creatura vergine. Nulla è entrato in me tranne l’impensabile Dio, non conosco l’impurità.
Posso entrare in contatto con voi solamente in questa dimensione intatta e sacra del vostro essere, la vostra essenza virginale. Se venite a parlarmi di passione, di sessualità, di emozione, non comprendo le vostre parole. Sono al di là di tutto questo, al di là dell’angoscia e anche della morte. Ma se Dio sta nella materia, questa è immortale, e io non ho più alcun timore e alcun desiderio.
Vi propongo di unirvi a me in quello di divino che c’è dentro di voi. Se diventate come me, potete entrare in me. La vostra sofferenza è impura, non venite a me con ciò che è contaminato, uscite da quella condizione. perché l’impurità è un’illusione, così come il senso di colpa. Accettate lo splendore verginale del vostro essere! In tutti voi esseri umani esiste uno stato che si dà soltanto a Dio, che può essere posseduto soltanto da Lui ed è perennemente in relazione con Lui. Lo stesso accade in tutto il mondo vivo: in ogni pianta c’è un centro intatto. In ogni lingua, è l’ineffabile contenuto nelle parole a parlarvi.
Capite dunque che non c’è nulla di vostro, non possedete questo corpo, questi desideri, queste emozioni, questi pensieri. Tutto è di Lui, dell’ignoto eterno e infinito che abita in voi. Datevi a Lui, accoglietelo.
Sono spietata, esigo che svolgiate questo compito abbandonando, per unirvi a me, tutto quello che non è degno di essere il calice dove la divinità possa insediarsi. Sono come quei templi dove bisogna togliersi le scarpe per entrare, dove si purifica l’aria mediante l’incenso, dove si lavano i credenti con l’acqua benedetta.
Nell’unione con la potenza che avverto in ogni cosa, le mie debolezze e i miei dubbi svaniscono. Abito il mio corpo come un luogo sacro, in qualsiasi momento posso trovare il posto che mi spetta. Sono immersa nella mia opera e nulla mi distoglie da essa. Nulla può afferrarmi o imprigionarmi con sentimenti, desideri, proiezioni mentali. Nulla mi distrae. Nulla può distogliermi da quello che voglio. Io stessa non voglio nulla, obbedisco alla volontà Divina.
Non sono indulgente, sono inflessibile. Non sono in possesso di nessun segreto, perché sono vuota. Mi consegno a Dio, che è l’unico segreto.

 
 
 

Privacy Preference Center