A tutte le forze possibili
Settembre 30, 2022In Corpo estraneoBy Indisciplinata

A tutte le forze possibili. A tutti i corpi possibili.

Carissime indisciplinate, dopo un estate di meritata indisciplina, eccomi qui a riprendere il nostro e il mio percorso di spettinatrici militanti.  

Tanti, troppi, crudeli e tumultuosi i fatti sociali e politici che si sono intrecciati in questi ultimi mesi, che non è stato facile per me capire da che argomento ripartire, quale portale aprire, che paesaggio condividere con voi. Dopo tanto pensare ho sentito necessaria una riflessione che potesse accompagnare ogni nostra scelta attuale, ogni nostro cammino, ogni gestione di questo presente così complesso, violento, conservatore, ottuso, una riflessione che a mio avviso è alla valle di ogni nostro percorso di vita, di evoluzione, di lotta.

Oggi scelgo di ripartire dalla forza, della quale tutte e tutti abbiamo un estremo bisogno. Ma non dalla forza brutale, da quella forza patriarcale, quella forza machista, quella muscolare, competitiva, distruttiva. Voglio aprirmi ad un altro genere di forza, per citare Alessandra Chiricosta (della quale vi parlerò più sotto).

Per ragionare assieme a voi sull’urgenza di attivare e praticare un altro genere di forza, vorrei esplorare proprio l’Arcano Maggiore dei Tarocchi di Marsiglia: La Forza.

A differenza di tarocchi di altre provenienze che spesso vedono in azione una figura maschile intenta a lottare brutalmente con una belva feroce, in questa lamina dei tarocchi di Marsiglia, vediamo una figura femminile, calma, ferma e determinata, che affianca un leone infuriato domandolo, o meglio ancora, gestendolo senza alcuna fatica attraverso la postura delle mani, evocando carezze, equilibrio, saggezza. Questa figura indossa un cappello a forma di 8 rovesciato, ossia l’infinito alchemico e la sua veste è di vari colori, rossa come la materia, blu come lo spirito, oro come il valore, l’oro del leone, comprende in lei le principali energie dell’universo. 

Questo altro genere di forza non combatte contro la belva, ossia non cerca di uccidere l’istinto, le viscere, l’energia animale, non compete con il leone, non lo percepisce come un nemico. Anzi, semmai combatte con, lo affianca, apre un dialogo tra il suo corpo e il corpo della fiera, fa in modo di calmarla, di conquistarne la fiducia dando a sua volta fiducia. 

Questo genere di forza è una forza inclusiva, una forza che non censura l’istinto ma lo tiene al suo fianco, energia vitale e primaria alla quale è fondamentale restare conness* per non dimenticare il pulsare degli elementi, l’ascolto e la prontezza degli animali, l’assenza di violenza gratuita del mondo ferino. Ma al contempo, la Forza non si fa dominare da queste pulsioni viscerali, le conosce, le ascolta, le guida. Così come può incitarle, dar loro modo di esprimersi, di liberarsi, così può calmarle. 

Dunque, la Forza, virtù cardinale di norma attribuita agli uomini nerboruti, è qui assegnata a una fanciulla. Con l’Arcano numero XI di Marsiglia quindi, parliamo di una forza che non trova il suo vigore nei muscoli ma nella potenza del femminile.

La Forza lavora dalla cintola in giù, facendo sì che gli insegnamenti spirituali penetrino con le istanze spirituali del suo essere. La Forza è radicata nella terra, cosciente delle sue possibilità. La fanciulla doma il leone ma non lo uccide. Non ne ha bisogno. La Forza non uccide l’animale feroce, ma lo rispetta e ne acquisisce la potenza. Non stiamo parlando di un femminile alla quale è negata la possibilità di essere combattente, di praticare un’energia che possa lottare fisicamente, non stiamo parlando di tornare al binomio UOMO = bruto e forte DONNA = aggraziata e debole. Stiamo parlando di accogliere la rabbia, la brutalità, l’istinto aggressivo che è presente in ogni individualità e di gestirlo, guidarlo, coglierne il senso, veicolarlo, a volte calmarlo, altre dargli voce ma guidandolo. Non stiamo parlando di evitare il conflitto o la lotta, anzi. Stiamo parlando però della possibilità di agire in molteplici direzioni, di utilizzare differenti attitudini. Stiamo parlando di integrazione, di dialogo, di consapevolezza del pieno e del vuoto, di completezza. Chi possiede questa virtù è in grado di rispettare tutte le energie, anche quelle potenzialmente pericolose, poiché sono esse stesse parte della Creazione.

Mai come in questo presente nel quale tanti diritti fondamentali acquisiti e non, diritti alla base dell’uguaglianza sociale e umana, sono profondamente in pericolo, mai come oggi è urgente praticare, allenarsi, intercettare, evocare, in noi stesse e in ogni individualità questo genere di completezza.

 A tal proposito è arrivato il momento di soffermarmi un attimo su Alessandra Chiricosta e sul suo meraviglioso saggio Un altro genere di forza.   

Alessandra Chiricosta è filosofa, storica delle religioni, specializzata in culture del Sudest asiatico continentale dell’Asia Orientale, ha compiuto studi e ricerche sul campo in queste aree. Si occupa di questioni relative alla filosofia interculturale e ai cross cultural studies, alle questioni di Gender in prospettiva post-colonial e transculturale. Ed è una marzialista. Sì, da molti anni, pratica, studia e insegna arti marziali seguendo un approccio che non discrimina tra pratiche psico corporee e ricerca teorica. 

Ho letto tempo fa questo saggio e continuo a rileggerlo di tanto in tanto, vi invito a farlo anche voi, vi assicuro che apre questioni fondamentali, che attraversa con profonda competenza, questioni politiche, sociali, culturali, antropologiche, umane e corporee. Ho scoperto questo volume grazie ad una cara amica, Marika Marianello, docente di lingue, traduttrice, interprete, marzialista e professora di capoeira, fondatrice del collettivo capoerista femminista Dandara, attivista femminista Nudm e membro del collettivo Cattive Maestre. Donne che si confrontano con altre donne. Una rete combattente e creativa. 

Per tornare ad Alessandra Chiricosta e al suo saggio, vi riporto qui un piccolo estratto preso dall’introduzione del suo saggio: 

Un corpo forte è naturalmente portato all’esercizio della violenza qualora non intervengano limiti esterni a inibirne questo tipo di espressione. Un corpo debole è naturalmente portato alla pace e alla mitezza […]

 Il nesso che connette genere e forza appare dunque come lineare e semplice, evidente in riferimento a un destino biologico non diversamente configurabile. Allora quale la necessità di indagarlo ulteriormente?

La mia risposta, personale e dunque politica, è che la limpidezza delle affermazioni prima riportate sia ben più torbida di quanto si possa pensare, che siano i nostri occhi, abituati a vedere attraverso lenti deformanti, a non essere più in grado di osservare in quanti modi e a quanti livelli il nesso che articola la relazione tra forza e genere sia intricato, culturalmente determinato, basato su tautologie e profezie autorealizzantesi. Di come assuma la funzione di dispositivo di biopotere finalizzato ad articolare e confermare una gerarchia in base al genere e quindi sia uno degli elementi cardine delle ideologie patriarcali e sessiste.

Non solo: lo stretto legame che la forza, questo genere di forza, ha assunto nella costruzione del concetto e delle pratiche della virilità ha messo in ombra, fino a renderli quasi invisibili, altri percorsi, altre forme in cui la forza può essere concepita, espressa, farsi corpo. L’assolutizzazione di una delle possibili configurazioni del nesso genere-forza come elemento naturale ha bloccato altre esperienze e ignorato altre cornici teoriche in cui i due elementi interagiscono in modo differente, condizionando non solo la visione della relazione tra generi e forza, ma anche, in modo correlato, limitando fortemente l’esplorazione di come il concetto di forza possa essere altrimenti interpretato e incarnato.

[…]

L’opposizione natura/cultura si interseca con la dicotomia che stabilisce una divisione binaria dei generi, in cui comportamenti, attitudini, potenzialità vengono ascritti a un genere o a un altro sulla base della conformità alla propria natura, pensata, appunto come categoria assoluta e autoevidente. Definire cosa pertenga a una corpo-realtà in base alla propria sessuazione e cosa no, con l’eccezione di pochissimi aspetti, è già dispositivo biopolitico, che imprigiona i corpi in binari predefiniti e raramente indagati ulteriormente, un mythos che si fa corpi disciplinati e impediti a sperimentare altre possibilità di espressione di sé.

In particolare, per quanto riguarda il percorso che ho articolato in questo libro, la definizione di forza, intesa come forza combattente e attribuita a un corpo antropomorfo, si intreccia indissolubilmente a quella di virilità, lasciando, in una prospettiva che non ammette spazi terzi, pochi margini per pensare e, soprattutto, sperimentare quali potenzialità corpi che non rispondono alle caratteristiche di forza declinate dalla virilità possano esprimere. Se la forza caratterizza la virilità – e la forza è sempre interpretata come soggiogante, cieca, aggressiva, destinata a trasformarsi in violenza se non controllata dalla cultura – la natura femminile dovrà porsi al di fuori di questo ordine, mostrandosi come propensione alla cura e alla disponibilità.

Il ragionamento che si consente in questo scenario è uno solo: la forza definisce un genere, ergo di forza può essercene di un solo genere. Questo doppio vincolo ha sigillato una relazione potenzialmente fluida in un diktat che ha di fatto precluso la possibilità di porre la questione in altri termini, di aprirsi ad altre domande: c’è solo un genere di forza oppure ce n’è anche un altro, oppure molti? La forza è dicibile e incarnabile solo in queste modalità? È possibile articolare altri discorsi sulla forza, concepirla in altro modo, vederla agire in altri corpi e sotto altre forme?

Estratto dall’introduzione de Un altro genere di forza, Alessandra Chiricosta – Iacobelli, 2019

Quindi, mie care indisciplinate, oggi ripartiamo da qui, da tutte le forze possibili, da tutti i corpi possibili.

Per ora, solo per ora, vi saluto con la voce che Alejandro Jodorowsky, drammaturgo, regista, attore, compositore e scrittore, tarologo cileno naturalizzato francese, ha dato alla forza stessa degli antichissimi tarocchi marsigliesi che Jodorowsky tanto ha praticato (e restaurato assieme a P. Camoin).

 E SE LA FORZA PARLASSE: 

Vi aspettavo. Sono l’inizio del nuovo ciclo e dopo tutto quello che avete fatto non potreste vivere se non mi aveste conosciuto. Vi insegnerò a vincere la paura: con me sarete pront* a vedere tutto, a udire tutto, a provare tutto, a toccare tutto. I sensi non hanno limiti ma la morale è fatta di paure. Vi farò vedere l’immensa palude delle vostre pulsioni, quelle sublimi e le più tenebrose. Sono la forza oscura che dentro di voi risale verso la luce.

Dal centro delle profondità, dai sotterranei del mio essere sboccia la mia energia creatrice. Affondo le radici nel fango, quello più denso, più terribile, più insensato. Come una fornace, ardente il mio sesso esala desideri che a prima vista appaiono di natura bestiale, ma sono soltanto il canto che si cela alla materia fino alle origini dell’universo.
Il mio intelletto, luce proveniente dalle stelle, fredda come l’infinito, agisce sul calore eterno del magma per dare origine al ruggito creatore. Cielo e terra si uniscono in questo grido risvegliando il mondo. Posso far sì che ogni umile pietra diventi un’opera d’arte. Posso far sì che su alberi rachitici crescano succosi frutti. Posso trasformare la linea dell’orizzonte in uno squarcio color porpora, vivo, come un lungo infinito rubino. Ogni impronta che i miei piedi lasciano sul fango diventa un favo che sparge miele.
Lascio circolare sul mio corpo, dal basso verso l’alto come le onde di un oceano in tempesta, l’impulso sublime e feroce di cui il mondo ha bisogno. Chiamatelo come vi pare: potenza sessuale, energia della forma dentro di me. Nel mio grembo si uniscono un diavolo e un angelo, formando un vortice. Come un albero distendo i rami verso il cielo ma nello stesso tempo affondo con forza le radici nella terra. Sono una scala su cui l’energia sale e scende contemporaneamente. Niente mi spaventa. Sono l’inizio della creazione.

(tratto da “La Via dei Tarocchi” di Alejandro Jodorowsy e Marianne Costa)